decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162
Il governo adotta provvedimenti di inasprimento delle sanzioni penali previste per l’ Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica.

Non credo sia appassionante entrare nel merito della discussione che ha per oggetto il giudizio sul merito , ovvero il sindacato sulla legittimità, sulla democraticità o sull’intento più o meno dichiaratamente soppressivo del provvedimento sui raduni che il Governo ha appena fatto entrare in vigore e contestualmente sottoposto alle Camere. C’é poco altro che in questi giorni riempie i giornali ed i talk show di discussioni, dibattiti, reazioni orripilate, e in qualche caso anche di gesti inconsulti. A chi insorge contro l’inopportunità della norma chiedo solo una cosa:
Avete o no introiettato nei vostri intendimenti che nel vostro Paese, per la prima volta dall’inizio della sua storia repubblicana, s’é appena insediato, a seguito di regolare votazione e netta maggioranza acquisita, un Governo di Destra – Destra? (é del tutto fortuito l’effetto ridondante della ripetizione, la quale invece mi viene utile per distinguere in modo indefettibile questo Governo da un Governo di Centro – Destra)
Cos’altro sareste ragionevolmente propensi ad aspettarvi da questo Governo, se non questo genere di provvedimenti?
Non mi sento d’aggiungere nulla più, se non una raccomandazione per quanti si stracciano le vesti e protestano a squarciagola a discapito dell’ugola, paventando l’avvento dello Stato di Polizia:
Vi consiglio di dotarvi d’ un corposo guardaroba e d’una scorta consistente di pastiglie all’eucalipto.
L’episodio invece porge il destro per una riflessione ben più cogente sull’annosa questione dei “requisiti di urgenza e necessità” che secondo il disposto costituzionale autorizzano il ricorso al Decreto Legge, e più in generale sull’abuso della decretazione d’urgenza. Accende ancora, per l’ennesima volta, i riflettori proprio sul Decreto Legge, e sul parossismo che il ricorso indiscriminato allo strumento legislativo perpetra da decenni. Basti pensare che con riferimento specifico all’abuso della decretazione d’urgenza nella reiterazione del decreto, quando si discusse per la prima volta seriamente del problema i Beatles s’erano da poco sciolti.
Un tipico caso di “emergenza endemica all’italiana” che ogni Governo si guarda bene dall’affrontare, e che continua a proporre i suoi obbrobri giuridici imperterrita e indisturbata, legislatura dopo legislatura.
Già, perché il Decreto Legge tutto é tranne che uno strumento legislativo ordinario. É una compensazione, ancora insufficiente, che i nostri Costituenti hanno voluto mettere al servizio dell’azione di governo per dotarla di mezzi atti a fronteggiare situazioni di grave emergenza che richiedono un intervento immediato, una soluzione legislativa che non abbia ad attendere il lungo e spesso tortuoso iter d’approvazione predisposto per la legge ordinaria.
L’art. 77 della Costituzione, ai commi secondo e terzo, dispone che:
Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall’inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione.
È per definizione un atto di appropriazione temporanea, da parte del Governo, non tanto del potere legislativo che resta riservato esclusivamente al Parlamento, il quale si riserva infatti nei sessanta giorni successivi alla emanazione del provvedimento di provvedere alla sua conversione in legge, ma dell’ iniziativa legislativa, quella si. È una deroga al principio generale che conferisce l’attribuzione esclusiva dell’ iniziativa legislativa alle Camere. Ed ha tre precipui e ben definiti presupposti, che devono concorrere all’unisono nella fattispecie, poiché il difetto di uno solo di questi configura vizio invalidante dell’atto con effetto retroattivo.
- La straordinarietà dell’atto: le circostanze che richiedano l’attuazione del decreto dovranno rappresentare eventi eccezionali e imprevedibili. Per fare un esempio pratico, le calamità naturali, oppure per menzionare una fattispecie recente, una pandemia e la conseguente emergenza sanitaria nazionale, questi sono eventi eccezionali e imprevedibili.
- La necessità dell’atto: l’intervento regolatore del decreto legge dovrà essere indispensabile per produrre effetti sulle fattispecie che intende regolare. Questo presupposto implica che, in assenza del decreto, la fattispecie non potrebbe essere in alcun modo diversamente regolata, se non dalle disposizioni contenute nel decreto.
- L’urgenza dell’atto: la fattispecie che il decreto intende governare richiederà che la disposizione produca un effetto immediato, che non potrà attendere i tempi dell’iter approvativo previsti per la legge ordinaria.
Il sindacato sulla ricorrenza dei tre presupposti del provvedimento é in prima istanza attribuito al Parlamento, il quale entro sessanta giorni dovrà convertire in Legge dello Stato la norma ad efficacia provvisoria innanzi tutto partendo da una valutazione complessiva dei tre requisiti. In seconda battuta la Corte Costituzionale può riservarsi di esercitare il suo potere di controllo e revisione del testo normativo, e laddove ravvisi la carenza dei presupposti, annullarne gli effetti retroattivamente. Infine il Presidente della Repubblica, prima della pubblicazione, in ottemperanza alla sua funzione di garante dei principi costituzionali, può decidere di rimandare il testo normativo alle Camere per il riesame.
Mi pare opportuno infine segnalare l’espresso riferimento del dettato costituzionale alla responsabilità del Governo, che diventa dispiegata in effetto nel caso in cui il decreto non venga convertito in legge, indipendentemente dalle ragioni.
Il Governo é chiamato a rispondere in tal caso non solo politicamente, ma civilmente – e ove gli effetti del decreto realizzino evento criminoso anche penalmente – verso le parti lese, dal momento che la decadenza dell’efficacia del provvedimento ex tunc travolge tutti gli effetti da esso prodotti e anche tutto il giudicato formatosi sin dalla sua entrata in vigore.
Oltre ai limiti di rango costituzionale, la Legge dello Stato n. 400 del 1989, all’articolo 15, impone ulteriori stringenti limitazioni ai requisiti formali e sostanziali che il decreto deve contenere. Fra questi i più rilevanti al comma 3:
I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
Tuttavia, nonostante l’ordinamento abbia elevato gli argini volti a limitare l’applicazione di questo strumento ai soli casi che effettivamente lo richiedono, non c’é una Legislazione che passi agli archivi senza aver scritto in Gazzetta un numero copioso ed allarmante di atti in aperta contravvenzione di questi requisiti.
E benché questo fenomeno oramai sia del tutto noto non solo ai giuristi ma anche alla pubblica opinione, non se ne conoscono appieno, a parere di chi scrive, le sue proporzioni macroscopiche e i suoi effetti devastanti sull’efficienza della prassi legislativa parlamentare.
Per questo motivo mi prendo la briga di riassumere pochi essenziali dati statistici che fanno riferimento agli ultimi vent’anni di Governo in Italia, partendo dalle rilevazioni consuntive ufficiali del Senato della Repubblica.

Prendendo in considerazione le Legislature dalla quattordicesima (30 maggio 2001 – 27 aprile 2006) sino alla diciottesima (23 marzo 2018 – 12 ottobre 2022), i Governi che si sono succeduti nell’intervallo hanno emanato la ragguardevole cifra di 646 decreti legge, totalizzando una media di 2,6 provvedimenti al mese girati alle Camere per la conversione (dato approssimato per difetto). Di questa imponente massa normativa il Parlamento ha in seguito convertito in Legge dello Stato 524 provvedimenti. Circa il 20% dei
Provvedimenti (uno su cinque), non sono diventati legge a causa del decorso del termine di sessanta giorni dall’ emanazione del decreto. In pratica, il Parlamento non ha fatto in tempo ad esaminare i testi.
Nel corso della Diciottesima Legislatura (Conte I, 2018-2019, Conte II, 2019-2021, Draghi, 2021-2022) i dati consuntivi riferiti alla produzione normativa del Parlamento italiano danno contezza di 315 leggi approvate, delle quali 104 sono leggi di conversione di decreti legge. Ma il totale dei decreti legge emanati dai Governi e girati alle Camere per la conversione ammonta a 146 provvedimenti.
E a chi si sentirà in dovere (legittimamente) di addurre ad attenuante l’imperversare della pandemia soprattutto sotto il Governo Conte II, e la conseguente necessità di legiferare con tempestività da parte dell’Esecutivo, vorrei rammentare che la maggior parte dei provvedimenti che si sono incaricati di gestire le emergenze della crisi sanitaria in Italia sono stati adottati ricorrendo ai DPCM, ovvero ai Decreti del Presidente del Consiglio. Atti amministrativi, fonti normative secondarie. Più specificamente, l’intera Legislatura ha fatto ricorso ai DPCM ben 314 volte, e a decreti legge successivamente convertiti solo 104 volte.
A questo punto sorge un dubbio: stando al dettato Costituzionale non dovrebbe essere proprio la Decretazione d’urgenza la forma legiferante che meglio si presta al governo di un’emergenza come la pandemia? Eppure proprio nel momento di maggior necessità si registra il più basso ricorso a questo strumento…
Quando interrogati sull’abuso della decretazione, ex Presidenti, Ministri ed ex Ministri danno sempre più o meno la stessa risposta: i Governi non hanno che un mezzo per far passare la propria azione legislativa in modo efficiente e rapido ed in tempi ragionevoli attraverso il vaglio delle Camere: il Decreto Legge. Se non procedessero in questo modo “irrituale” non riuscirebbero ad imporre il programma delle riforme promesse agli Italiani durante la campagna elettorale.

Ma voltare la moneta e mostrarne l’altra faccia é in questo caso esercizio utile e redditizio.
Ci provo: dato per appurato che una Riforma Costituzionale atta ad agevolare il processo legislativo sbilanciando questo nostro bicameralismo perfetto sarebbe in questo senso quanto mai provvidenziale – e nel 2016, ahimè, non siamo riusciti a provvedere in tal senso – stante l’attuale situazione (stesse funzioni e stessi poteri attribuiti alle due Camere), e al netto delle navette parlamentari, che per la verità, numeri alla mano, non sono che la punta dell’iceberg, non ritengono i nostri Ministri ed ex Ministri, che se si decidessero finalmente a deporre l’abitudine oramai invalsa di far passare un terzo abbondante dei propri programmi di riforme attraverso uno strumento concepito per esser residuale come il Decreto Legge, i lavori di approvazione delle norme nelle due Camere sarebbero molto più fluidi, a tal punto da consentire di sottoporre ai parlamentari un iter legislativo ordinario secondo i criteri che la nostra Costituzione stabilisce?
I fatti certificano che il Parlamento ed il Senato non riescono a far fronte in modo efficiente alla “domanda normativa” dei Governi, e quando lo fanno sono spesso costretti a legiferare “a scatola chiusa” su buona parte dei testi che passano al vaglio, oppure sono ricattati dall’ulteriore tagliola del voto di fiducia posto sui provvedimenti d’urgenza. Riguardo a quest’ultima fattispecie, la legge di conversione di una decretazione d’urgenza sulla quale venga posto il voto di Fiducia al Governo assurge al rango di “Senatus consultum ultimum de re publica defendenda”, con la stessa prepotente sospensione delle funzioni consultive delle Camere. Il Governo Draghi in un poco più di un anno é ricorso alla fiducia in ben 55 occasioni.
Alla luce di questa situazione, alla Presidente dell’attuale Governo mi riserverei di rivolgere due domande conclusive:
- Non ritiene che la situazione che presenti più di tutte le altre i requisiti di emergenza, necessità e urgenza sia proprio la congestione dei meccanismi della funzione legislativa in Italia, in conseguenza del barbarico uso che i Governi fanno della decretazione d’urgenza?
- Ritiene davvero che i problemi di un Paese con un corpus d’atti normativi in vigore che consta di più di 110.000 norme (evito di enumerare le normative regionali e i Regolamenti amministrativi), si possano risolvere aggiungendo leggi, per di più continuando a forzarle con foga dentro il pertugio intasato della decretazione d’urgenza?
Per tornare alla cronaca recente, i fatti di Modena hanno mostrato eloquentemente come l’ordinamento vigente, che prevede già e punisce TUTTE le fattispecie di reato ipotizzabili in un rave, dallo spaccio di stupefacenti fino alla mancata concessione di una licenza per la somministrazione di bevande, unito al buonsenso ed alla capacità delle nostre forze dell’ordine, ha portato a compimento senza alcun tumulto lo sgombero delle infrastrutture ch’erano state occupate.
Tacito scrisse nel libro terzo dei suoi Annales: Corruptissima re publica plurimae leges.
Non aggiunga, Presidente, per carità, tagli, tagli!